approfondimenti - proffedamico

Vai ai contenuti

Menu principale:

approfondimenti

classe 4 > LATINO > AUTORI



LA PACE NEL MONDO LATINO


Il termine pax è certamente antico: si tratta di un sostantivo radicale, vale a dire di un sostantivo nella quale la pura radice si presta ad essere usata come tema flessibile. la radice la ritroviamo infatti spesso in attestazioni italiche. Il termine è il contrapposto di bellum (guerra) in senso politico e sociologico,ha assunto significati più estensivi e generali, compresi verbi come appacificare e rappacificare, con i relativi riflessivi: appacificarsi e rappacificarsi.

La parola indica l' accordo tra due contendenti, che permette il ristabilirsi di una situazione di tranquillità precedentemente incrinata. In ambito politico la pace è il frutto di un accordo tra due entità sovrane, e il fatto che sia il perdente a chiedere la pace (pacem petere) e il vincitore a concederla (pacem dare) implica che la disponibilità dell'accordo e della situazione di pace è nelle mani del più forte.
Il valore prioritario di pax come 'trattato' si coglie bene negli autori latini arcaici.

In Ennio,( Ann. v. 207) ,leggiamo orator sine pace redit regique refert rem, cioè 'il messo ritorna senza che vi siano proposte di accordo e riferisce al re la circostanza',(l'uso di orator nel senso di legatus è frequente nel latino arcaico); più ancora nel seguente passaggio di Plauto (Persa 753) in cui la parola compare al plurale: hostibus victis, civibus salvis, re placida, pacibus perfectis. ( Vinti i nemici, salvi i cittadini, tranquilla la situazione politica).
Oltre che nei rapporti tra stati, la parola si applica per indicare il realizzarsi di una pacificazione anche tra familiari: nel Mercator di Plauto, il protagonista, che sta operando per recuperare una situazione di pace tra i genitori, usa le seguenti parole: pacem componi volo meo patri cum matre, nam nunc est irata.
E all'ottenimento della pace familiare il giovane dice: uxor tibi placida et placatast; cette dextras nunc iam: dal che si desume che pax è semanticamente collegato con la sfera di placare, così come è spesso collegato, soprattutto nella terminologia politica, col termine concordia, che designa l'unità di intenti (propriamente l'avere insieme il cuore).

L'affermarsi di pax come programma politico si ha nell'età di Silla, e poi, più fortemente, nei contrastati e difficili anni che seguono. La riflessione romana sulla pace ha come punto di partenza la riflessione delle scuole filosofiche ellenistiche, ma rivendica con maggior vigore l'importanza della pace come valore non solo individuale, ma anche statale.
La pace è spesso indicata come obiettivo da perseguire, anche se la speculazione mostra maggior interesse per il problema del bellum iustum. Che la guerra debba essere affrontata come extrema ratio e che debba avere come obiettivo primario il ristabilimento di un diritto violato è affermato a più riprese dai vari autori: la formula con cui i fetiales proclamavano l'inizio della guerra contiene al suo interno l'espressione di questa esigenza, col suo richiamare la legittimità dell'azione romana e col suo fare appello al fas, cioè al diritto divino.
La stessa problematica è ripresa e approfondita su basi teoriche da Cicerone nel " De Republica " e tuttavia non si può semplicisticamente definire pace una situazione in cui non si realizzano atti di ostilità né di fronte a nemici esterni né all'interno dello Stato: non si può confondere tra pace e schiavitù, come lo stesso Cicerone rileva con vigore in passi della II e della XII Filippica. E anche nel "De officiis " osserva che pace e giustizia sono due idee che si compenetrano: la guerra è una situazione da affrontare a malincuore e con sofferenza, e la si affronta solamente nella speranza che da essa scaturisca una pace migliore, e anche l'ottenimento della superiorità militare e della vittoria non esime che detta le condizioni di pace dal rispettare elementari regole di giustizia e di equilibrio nei confronti dei vinti, come fecero, nella loro lungimiranza, i Romani primitivi.




Il raggiungimento di una pace stabile e duratura è elemento programmatico della politica augustea: l'attività militare con cui Roma attraverso secoli di combattimenti ha esteso il suo dominio su tutto il bacino del mediterraneo è reinterpretata come opera di pacificazione dei popoli all'interno di un grandioso progetto civilizzatore.
La politica imperiale di Augusto fa uso dell'idea di pace con evidenti fini propagandistici. Nel 9 a.C. L'imperatore fa erigere nel Campo Marzio l'Ara Pacis Augustae, con rappresentazioni mitologiche che mostrano allegoricamente il benessere e la felicità di un mondo pacificato dalle armi romane per opera della lungimiranza e della generosità del principe.
Sincero e ispirato interprete sia dell'ansia di pace che percorre il mondo romano, dopo decenni di violenze e lotte pressoché ininterrotte, sia di alcuni motivi dominanti della politica augustea è Virgilio in versi famosi (Aen. VI 847 ss.):
... Excudent alii spirantia mollius aera | (credo equidem), vivos ducent de marmore voltus, | orabunt causas melius caelique meatus | describent radio et surgentia sidera dicent: | tu regere imperio populos, Romane, memento | (haec tibi erunt artes) pacique imponere morem, | parcere subiectis et debellare superbos.

( Modelleranno gli altri con grazia maggiore il bronzo spirante di vita (lo credo di certo), e vivi ricaveranno dal marmo i volti; peroreranno meglio le cause, e i movimenti celesti disegneranno con la canna, e il sorgere degli astri prediranno: tu di reggere col tuo impero i popoli, o Romano, ricorda: queste saranno le tue arti, e alla pace d'imporre una regola, risparmiare gli arresi e sgominare i superbi.)

Le descrizioni dell'età dell'oro, numerose nell'età augustea, hanno tutte come denominatore comune la pace, intesa sia come assenza di conflitti sia soprattutto come assenza di indigenza, di avidità, di frode, di necessità di lavoro (perché la terra produce spontaneamente ciò di cui l'uomo ha bisogno e nei fiumi scorrono latte e miele): in qualche caso l'idea della pace è considerata nella sua accezione più radicale, vale a dire non solo come pace fra gli uomini, bensì come pacificazione di tutta la natura, tanto che le pecore non avranno più da temere gli assalti vespertini degli orsi contro l'ovile.
Nell'età di Augusto sembra che ci si stia avviando a una rinnovata età dell'oro: è il sogno a cui dà voce Virgilio nella IV Ecloga.
Quanto questa aspirazione fosse utopistica appare per esempio dalla lettura delle Elegie di Tibullo, ove l'aspirazione individuale a una vita pacifica ha scarse possibilità di realizzarsi in un ambiente e in un'epoca in cui l'acquisizione di meriti militari è uno dei modi più consueti per consentire all'individuo di emergere nella società.
Qualche spirito critico, come Tacito, potrà rilevare che questa pace porta con sé una limitazione della libertà di parola, o farà rilevare da un capo straniero che sotto questo nome pace si nasconde in realtà una politica espansiva e di spoliazione sistematica: Auferre trucidare rapere falsis nominibus imperium, atque ubi solitudinem faciunt, pacem appellant.
( Rubare ,trucidare,rapinare con falso nome chiamano impero e, dove fanno il deserto ,la chiamano pace).


LA FAMA




Extemplo Libyae magnas it Fama per urbes,
Fama, malum qua non aliud uelocius ullum:
mobilitate uiget uirisque adquirit eundo,
parua metu primo, mox sese attollit in auras
ingrediturque solo et caput inter nubila condit.
illam Terra parens ira inritata deorum
extremam, ut perhibent, Coeo Enceladoque sororem
progenuit pedibus celerem et pernicibus alis,
monstrum horrendum, ingens, cui quot sunt corpore plumae,
tot uigiles oculi subter (mirabile dictu),
tot linguae, totidem ora sonant, tot subrigit auris.
nocte uolat caeli medio terraeque per umbram
stridens, nec dulci declinat lumina somno;
luce sedet custos aut summi culmine tecti
turribus aut altis, et magnas territat urbes,
tam ficti prauique tenax quam nuntia veri.
haec tum multiplici populos sermone replebat
gaudens, et pariter facta atque infecta canebat:
uenisse Aenean Troiano sanguine cretum,
cui se pulchra uiro dignetur iungere Dido;
nunc hiemem inter se luxu, quam longa, fouere
regnorum immemores turpique cupidine captos.
haec passim dea foeda uirum diffundit in ora.
protinus ad regem cursus detorquet Iarban
incenditque animum dictis atque aggerat iras.

Subito Fama va per le grandi città di Libia, Fama, male di cui nessun altro è più veloce: si rafforza colla mobilità ed acquista forze andando, piccola alla prima paura, poi s’innalza nell’aria, ed avanza sul suolo, ma nasconde il capo tra le nubi. La Madre Terra, irritata dall’ira degli dei, la generò, come raccontano, ultima sorella di Ceo ed Encelado, veloce a piedi e con ali infaticabili, mostro orrendo, enorme, quante ha penne nel corpo, tanti sotto sono gli occhi vigili, mirabile a dirsi, tante le lingue, altrettante bocche risuonano,tante orecchie drizza. Vola di notte nel mezzo di cielo e terra nell’ombra stridendo, né abbassa gli occhi nel dolce sonno; con la luce sta sentinella o in cima alla sommità del tetto o sull’alte torri, e terrorizza le grandi città, tenace portatrice di falso e di male che di vero. Costei allora riempiva i popoli di molteplice chiacchiera godendo e parimenti decantava cose fatte e non fatte: esser giunto Enea, nato da sangue troiano, cui la bella Didone si degna di unirsi come a marito; ora durante l’inverno, quanto è lungo, si tengono caldi nel lusso immemori dei regni e rapiti da turpe passione. Questo qua e là la sporca dea diffonde sulle bocche degli uomini. Poi storce i passi verso il re Iarba gli incendia il cuore con le dicerie ed accumula le ire.


L'AMORE DI DIDONE


La passione amorosa per Enea porta Didone a trascorrere la notte in preda a un sentimento violento che non le concede pace. Didone è stata colpita dalla fierezza di Enea, dal suo sguardo, dal suo coraggio, dalle sue terribili vicende. È certa che sia figlio di qualche divinità : l'amore sta per travolgerla.
Eppure esita ad abbandonarsi. Il suo animo è ancora titubante ed ella resiste a quel sentimento, restando legata al ricordo del primo marito, Sicheo, ucciso da fratello di lei, per la brama di potere.
Così si confida con la sorella Anna "Agnosco veteris vestigia fiamma" .
La sorella Anna manifesta le ragioni dell'amore, della giovinezza e della vita, ma tragicamente spinge Didone verso la morte e la disperazione , convincendola che si tratti di un amore grande e giusto ; fa appello all'istinto materno della sorella, adduce le ragioni politiche che potrebbero portarla a ricercare le nozze con il nobile troiano e, infine, conclude che addirittura esso si può considerare propiziato dagli dei stessi e soprattutto da Giunone.
Ma l'incantesimo di questo amore viene improvvisamente rotto dall'arrivo di Mercurio che ricorda al giovane troiano la sua missione definendolo uxorius, cioè troppo ligio, sottomesso alla moglie, gli chiede aspramente con quale speranza continui a perdere il proprio tempo su quelle terre e lo richiama ai doveri di padre e di condottiero.
Dunque Enea sta per lasciare i "dolci" luoghi spinto dalla pietas , dalla consapevolezza dei limiti imposti per lui dal fatum.
Come staccarsi da lei adesso ? Sapendo bene che ella si sarebbe opposta con tutte le sue forze Enea prepara la partenza in gran segreto , ma Didone , come ogni donna che ama ( quis fallere possit amantem?) sa già tutto , il suo presentimento supera ogni sospetto, e ancora una volta l'orrendum monstrum , la Fama le porterà all'orecchio ogni cosa.
Ella impazzisce , ha perso la ragione , aggredisce Enea rimproverandolo per l'inganno, lo insulta, lo chiama 'perfido', 'spietato', 'ospite', ma il loro è uno scontro antitetico : l'uno soccombe al volere di Giove, l'altra si ribella ai fati ; lui con lo sguardo immobile
( immota lumina), lei rimpiange un parvulus Aeneas mai nato. Ella non comprende gli horrida iussa di Giove , ingiusti ordini che le strapperanno il suo amatissimo uomo.
Enea è addolorato, ma non la consola; è mosso da un grande dolore ma obbedisce al dio; ama Didone ma esegue gli ordini impartiti.
Così la donna ,affranta dal dolore e persa ogni speranza, sacrificherà la sua vita per questo grande amore finito.

 
Privacy Policy
Torna ai contenuti | Torna al menu